Adesso Alleanza nazionale si appresta a fare una nuova svolta.
Francesco Storace ha riunito i suoi, sono «la destra di destra», Gianni Alemanno
farà la sua convention separata nella mezza estate e sarà una stagione
di convegni. Ci sta lavorando di fino Adolfo Urso, che è tipo da pensatoio.
Ha avuto l'incarico da Gianfranco Fini che, invece, preferisce scacciarli i
pensieri. In Sicilia dove la costituzione del governo Cuffaro ha dovuto
attendere gli spasimi di An, il leader quasi non è più benvenuto: ha avuto
problemi con Enzo Trantino, celebre penalista, cui aveva garantito il Csm, e con
Fabio Fatuzzo, cui aveva promesso l'ingresso nel governo di Palazzo
d'Orleans a Palermo. Ha fatto guerra a Raffaele Stancanelli, il
vicepresidente dell'assemblea regionale, fra i campioni di raccolta del
consenso, col rischio di ripetere un altro abbandono: quello di Nello
Musumeci, il presidente della Provincia di Catania stravotato e però
costretto a fare la sua scissione nell'arcipelago dell'autonomismo, in alleanza
con Raffaele Lombardo. È la crisi dentro quello che fu il più importante
deposito elettorale della destra, ma pare che dal Veneto a Lampedusa
la regola fondamentale sia la stessa: cacciare (o far scappare) chiunque
possa togliere spazio alla comitiva di dirigenti che con la politica
ci campa. Tra credenti e carrieristi, non si è superata quella fase per cui,
direbbe il filosofo Fatuzzo, la politica che amministra la realtà dal «è un
cretino ma è un amico» deve passare a quella più responsabile del «è un amico,
ma è un cretino», affinché ì consigli d'amministrazione poi non vengano
sfasciati dai dilettanti allo sbaraglio. E gran sbaraglio di
dilettantismo è stata An alla prova della realtà, sebbene il partito
abbia attraversato una brutta mesata dopo le intercettazioni, le
vergogne e gli arresti alla malasanità in Lazio, sebbene sia fin
troppo chiaro che se si vota domani come niente An becca un 5 per cento,
tanto è sfasciato il partito. Si spera che l'ennesima svolta di An non
corrisponda poi alla caustica battuta di donna Assunta, la vedova di Giorgio
Almirante: «An svolta, e che diventa?, Na?». Prima di tutte le svolte ci fu un
partito che di nome e cognome faceva Movimento sociale. Era quello con
la base trapezoidale nel simbolo, ebbene si era quello della bara. Fiamma
tricolore con dicitura «Destra nazionale» e poi la sigla, M.S.I., che sotto
sotto significava questo: Mussolini Sei Immortale, ma anche, e si trattava di
sottrarre voti alla Democrazia cristiana, Maria Santissima Immacolata. Perfino
Padre Pio, in confessionale, ai penitenti arrivati a San Giovanni Rotondo
che chiedevano il permesso di votare il partito di Almirante («Si commette
peccato?») rispondeva: «Peccato è non votare l'Msi!». Ci fu dunque questo
partito che pure nel dramma di un dopoguerra mai chiuso raccontò molto più
di una nostalgia. Sarebbe stata nostalgia di modernità fra l'altro:
l'urbanistica, la scienza di Guglielmo Marconi, l'organizzazione culturale, la
letteratura di Luigi Pirandello, l'Enciclopedia italiana,
l'avanguardia artistica di un pittore tra i massimi come Alberto Burri
(rinchiuso in un campo di concentramento Usa nel Texas), oppure quell'Iri dove
si sarebbe fatto le ossa Romano Prodi. Fu il partito della giustizia al
servizio dello Stato. Fu, infatti, il partito di Paolo Borsellino e di un
altro fascistone dell'antimafia, ovvero Mauro De Mauro, il cronista del
quotidiano L'Ora cancellato in un pilone di cemento armato. Alleanza
nazionale ha buttato via tutto questo mondo e cancellato tutta
l'effervescenza di un dibattito splendido al punto dIndro Montanellii ritrovare
nel comitato editoriale del Borghese (e dopo, nel Giornale di Indro
Montanelli) protagonisti come Ernst Jünger, Eugene Ionesco, Vintila Horia,
Mircea Eliade in cambio di un Domenico Fisichella troppo ingrato per restare
anche in tempi di magra, per meritarsi infine la benedizione dada di Maurizio
Gasparri sull'Indipendente: «Ho preso 200 mila voti alle europee, sono schede
dove hanno dovuto scrivere il mio cognome. Quanti libri avrà mai venduto
Fisichella?». Più di Fisichella hanno venduto i “Fascisti immaginari” di
Luciano Lanna e Filippo Rossi e i “Cuori neri” di Luca Telese, il cui blog,
a dispetto di An dove non si discute, ma ci si scazza, è un agone a disposizione
delle discussioni. Ma sarebbe perfino scontato aprire una questione sulla
miseria culturale, An ormai al tramonto è puro trash. Alemanno, il più chic tra
i dirigenti di An, comunque candidato sindaco di Roma fino a ieri, per umiltà di
bottega ha dovuto sopportare i tassisti (non le quadrate legioni, ma i
tassisti?) che lo celebravano al grido di «Du-ce, du-ce, du-ce!» come in una
scena di “Caterina va in città”, o come nello spasso di “Vogliamo i
colonnelli”. La caricatura: dalle inique sanzioni alle licenze taxi.
Tanto valeva restare Msi. Fatta tara dell'antifascismo obbligatorio,
religione civile dell'Italia democratica, fatta tara dell'inutilità
politica (per quel che è valsa poi, l'utilità di An), la fiamma fu il marchio di
uno stile familiare agli italiani pur educati a stare alla larga dalla
destra. Un marchio perfino ammirato, se Andrea Camilleri, in, un
romanzo, affida al «missino del paese» un ruolo nobile quando invece nella
Rai di stato, in tempi di recente guerra antiberlusconiana, in una celebre
puntata del “Medico in famiglia”, l'orrido pedofilo stanato da Nonno Libero
(lettore dell’“Unità”) è ovviamente un lettore del “Giornale”. II MsI non
fu mai al potere e dunque non ebbe modo di sporcare le sue pulite mani,
così si dice per riflesso condizionato, ma se non fu mai al governo fu però
espressione di tutta un'umanità radicata nel territorio. I suoi
militanti (gli aderenti, si sarebbe detto) come minimo non erano succubi
dell'egemonia culturale della sinistra. Erano i lettori di Indro
Montanelli e di Giovannino Guareschi, avevano i libri di Giuseppe
Berto, gli album di Leo Longanesi e nel 1958, a Genova, quando dopo 12
anni d'internamento negli Usa tornò Ezra Pound, il sommo poeta salutò i
giornalisti con il saluto romano dopo di che fu pronto a concedere un'intervista
a Pier Paolo Pasolini; anche a nome di Franz Pagliani, l'ex federale
del Pnf di Bologna, clinico di fama internazionale il quale, malgrado la
sua condizione di recluso, veniva rispettosamente convocato in una sala
operatoria antifascista per dare la sua scienza di chirurgo e poi riconsegnato
ai secondini. Non erano cittadini di serie B. Da Fiuggi furono traghettati
nella democrazia. Italiani che pensavano di essere speciali si sono svegliati in
questa dura mesata appena scorsa per scoprirsi come gli altri. Anzi,
peggiori.
Di Pietrangelo Buttafuoco
da Panorama 20 luglio 2006
mercoledì, luglio 19, 2006
Povera destra mia, perduta fra i carrieristi
Quello di seguito non è un semplice articolo o una semplice rassegna stampa. Quello che troverete qui sotto è La critica alla Destra Italiana (pre-Berlusconi) fatta da Pietrangelo Buttafuoco. Vi prego di leggerlo e di non passare oltre. Se possibile copiate e incollate l'articolo anche sui vostri blog. Ripartiamo da Buttafuoco... se dobbiamo aprire una nuova fase nella Destra!
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4 commenti:
Ups.. mi sa che lo leggo questa sera... presidia il fortino pivello ;)
Ho letto l'articolo su Panorama e l'unica cosa che mi ha rincuorato un po' è stato leggere:"Perfino
Padre Pio, in confessionale, ai penitenti arrivati a San Giovanni Rotondo
che chiedevano il permesso di votare il partito di Almirante («Si commette
peccato?») rispondeva: «Peccato è non votare l'Msi!».".
ho letto questo articolo e ti dico che mi ha notevolmente scosso...perchè dice la verità,o quantomeno rispecchia il mio pensiero,tant'è che mi ha dato l'incipit per iniziare a scrivere nel mio blog,allegandolo...
ho letto questo articolo e ti dico che mi ha notevolmente scosso...perchè dice la verità,o quantomeno rispecchia il mio pensiero,tant'è che mi ha dato l'incipit per iniziare a scrivere nel mio blog,allegandolo...
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