mercoledì, luglio 19, 2006

Povera destra mia, perduta fra i carrieristi

Quello di seguito non è un semplice articolo o una semplice rassegna stampa. Quello che troverete qui sotto è La critica alla Destra Italiana (pre-Berlusconi) fatta da Pietrangelo Buttafuoco. Vi prego di leggerlo e di non passare oltre. Se possibile copiate e incollate l'articolo anche sui vostri blog. Ripartiamo da Buttafuoco... se dobbiamo aprire una nuova fase nella Destra!

Adesso Alleanza nazionale si ap­presta a fare una nuova svolta.
Francesco Storace ha riunito i suoi, sono «la destra di destra», Gianni Alemanno
farà la sua convention sepa­rata nella mezza estate e sarà una sta­gione
di convegni. Ci sta lavorando di fino Adolfo Urso, che è tipo da pensa­toio.
Ha avuto l'incarico da Gianfranco Fini che, invece, preferisce scacciarli i
pensieri. In Sicilia dove la costituzione del governo Cuffaro ha dovuto
attende­re gli spasimi di An, il leader quasi non è più benvenuto: ha avuto
problemi con Enzo Trantino, celebre penalista, cui aveva garantito il Csm, e con
Fabio Fa­tuzzo, cui aveva promesso l'ingresso nel governo di Palazzo
d'Orleans a Paler­mo. Ha fatto guerra a Raffaele Stancanelli, il
vicepresidente dell'assemblea regionale, fra i campioni di raccolta del
consenso, col ri­schio di ripetere un altro abbandono: quello di Nello
Mu­sumeci, il presidente della Pro­vincia di Catania stravotato e però
costretto a fare la sua scissione nell'arcipelago dell'autonomismo, in alleanza
con Raffaele Lombardo. È la crisi dentro quello che fu il più importante
deposito elettorale della destra, ma pa­re che dal Veneto a Lampedu­sa
la regola fondamentale sia la stessa: cacciare (o far scappare) chiunque
pos­sa togliere spazio alla comitiva di diri­genti che con la politica
ci campa. Tra credenti e carrieristi, non si è superata quella fase per cui,
direbbe il filosofo Fatuzzo, la politica che amministra la realtà dal «è un
cretino ma è un amico» deve passare a quella più responsabile del «è un amico,
ma è un cretino», af­finché ì consigli d'amministrazione poi non vengano
sfasciati dai dilettanti al­lo sbaraglio. E gran sbaraglio di
dilet­tantismo è stata An alla prova della re­altà, sebbene il partito
abbia attraver­sato una brutta mesata dopo le intercet­tazioni, le
vergogne e gli arresti alla ma­lasanità in Lazio, sebbene sia fin
trop­po chiaro che se si vota domani come niente An becca un 5 per cento,
tanto è sfasciato il partito. Si spera che l'enne­sima svolta di An non
corrisponda poi alla caustica battuta di donna Assunta, la vedova di Giorgio
Almirante: «An svolta, e che diventa?, Na?». Prima di tutte le svolte ci fu un
parti­to che di nome e cognome faceva Mo­vimento sociale. Era quello con
la base trapezoidale nel simbolo, ebbene si era quello della bara. Fiamma
tricolore con dicitura «Destra nazionale» e poi la si­gla, M.S.I., che sotto
sotto significava questo: Mussolini Sei Immortale, ma anche, e si trattava di
sottrarre voti alla Democrazia cristiana, Maria Santissima Immacolata. Perfino
Padre Pio, in con­fessionale, ai penitenti arrivati a San Giovanni Rotondo
che chiedevano il permesso di votare il partito di Almiran­te («Si commette
peccato?») risponde­va: «Peccato è non votare l'Msi!». Ci fu dunque questo
partito che pure nel dramma di un dopoguerra mai chiu­so raccontò molto più
di una nostalgia. Sarebbe stata nostalgia di modernità fra l'altro:
l'urbanistica, la scienza di Guglielmo Marconi, l'organizzazione culturale, la
letteratura di Luigi Piran­dello, l'Enciclopedia italiana,
l'avan­guardia artistica di un pittore tra i mas­simi come Alberto Burri
(rinchiuso in un campo di concentramento Usa nel Texas), oppure quell'Iri dove
si sareb­be fatto le ossa Romano Prodi. Fu il partito della giustizia al
servizio dello Stato. Fu, infatti, il partito di Paolo Bor­sellino e di un
altro fascistone dell'an­timafia, ovvero Mauro De Mauro, il cronista del
quotidiano L'Ora cancel­lato in un pilone di cemento armato. Alleanza
nazionale ha buttato via tut­to questo mondo e cancellato tutta
l'effervescenza di un dibattito splendido al punto dIndro Montanellii ritrovare
nel comitato editoria­le del Borghese (e dopo, nel Giornale di Indro
Montanelli) protagonisti come Ernst Jünger, Eugene Ionesco, Vintila Horia,
Mircea Eliade in cambio di un Domenico Fisichella troppo ingrato per restare
anche in tempi di magra, per meritarsi infine la benedizione dada di Maurizio
Gasparri sull'Indipendente: «Ho preso 200 mila voti alle europee, sono schede
dove hanno dovuto scrive­re il mio cognome. Quanti libri avrà mai venduto
Fisichella?». Più di Fisichella hanno venduto i “Fa­scisti immaginari” di
Luciano Lanna e Fi­lippo Rossi e i “Cuori neri” di Luca Telese, il cui blog,
a dispetto di An dove non si discute, ma ci si scazza, è un agone a disposizione
delle discussioni. Ma sarebbe perfino scontato aprire una questione sulla
miseria culturale, An ormai al tramonto è puro trash. Alemanno, il più chic tra
i dirigenti di An, comunque candidato sindaco di Roma fino a ieri, per umiltà di
bottega ha dovuto sopportare i tassisti (non le quadrate legioni, ma i
tassisti?) che lo celebravano al grido di «Du-ce, du-ce, du-ce!» come in una
scena di “Caterina va in città”, o come nello spasso di “Vo­gliamo i
colonnelli”. La caricatura: dal­le inique sanzioni alle licenze taxi.
Tan­to valeva restare Msi. Fatta tara dell'antifascismo obbliga­torio,
religione civile dell'Italia demo­cratica, fatta tara dell'inutilità
politica (per quel che è valsa poi, l'utilità di An), la fiamma fu il marchio di
uno sti­le familiare agli italiani pur educati a stare alla larga dalla
destra. Un mar­chio perfino ammirato, se Andrea Ca­milleri, in, un
romanzo, affida al «missino del paese» un ruolo nobile quan­do invece nella
Rai di stato, in tempi di recente guerra antiberlusconiana, in una celebre
puntata del “Medico in fa­miglia”, l'orrido pedofilo stanato da Nonno Libero
(lettore dell’“Unità”) è ov­viamente un lettore del “Giornale”. II MsI non
fu mai al potere e dunque non ebbe modo di sporcare le sue puli­te mani,
così si dice per riflesso condi­zionato, ma se non fu mai al governo fu però
espressione di tutta un'umani­tà radicata nel territorio. I suoi
militan­ti (gli aderenti, si sarebbe detto) come minimo non erano succubi
dell'egemo­nia culturale della sinistra. Erano i let­tori di Indro
Montanelli e di Giovanni­no Guareschi, avevano i libri di Giu­seppe
Berto, gli album di Leo Longa­nesi e nel 1958, a Genova, quando do­po 12
anni d'internamento negli Usa tornò Ezra Pound, il sommo poeta sa­lutò i
giornalisti con il saluto romano dopo di che fu pronto a concedere un'intervista
a Pier Paolo Pasolini; an­che a nome di Franz Pagliani, l'ex fe­derale
del Pnf di Bologna, clinico di fa­ma internazionale il quale, malgrado la
sua condizione di recluso, veniva ri­spettosamente convocato in una sala
operatoria antifascista per dare la sua scienza di chirurgo e poi riconsegnato
ai secondini. Non erano cittadini di se­rie B. Da Fiuggi furono traghettati
nella democrazia. Italiani che pensavano di essere speciali si sono svegliati in
que­sta dura mesata appena scorsa per sco­prirsi come gli altri. Anzi,
peggiori.
Di Pietrangelo Buttafuoco
da Panorama 20 luglio 2006

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Ups.. mi sa che lo leggo questa sera... presidia il fortino pivello ;)

Anonimo ha detto...

Ho letto l'articolo su Panorama e l'unica cosa che mi ha rincuorato un po' è stato leggere:"Perfino
Padre Pio, in con­fessionale, ai penitenti arrivati a San Giovanni Rotondo
che chiedevano il permesso di votare il partito di Almiran­te («Si commette
peccato?») risponde­va: «Peccato è non votare l'Msi!».".

Anonimo ha detto...

ho letto questo articolo e ti dico che mi ha notevolmente scosso...perchè dice la verità,o quantomeno rispecchia il mio pensiero,tant'è che mi ha dato l'incipit per iniziare a scrivere nel mio blog,allegandolo...

Anonimo ha detto...

ho letto questo articolo e ti dico che mi ha notevolmente scosso...perchè dice la verità,o quantomeno rispecchia il mio pensiero,tant'è che mi ha dato l'incipit per iniziare a scrivere nel mio blog,allegandolo...