Uno dei leit motiv della scorsa campagna elettorale era il seguente: il centrodestra accusava l’allora opposizione di voler cancellare tutte le riforme della legislatura che stava per concludersi, mentre l’ala riformista dell’Unione sosteneva di avere esclusivamente intenzione di effettuare miglioramenti mirati, senza stravolgere né rivoluzionare tutto, perché non è possibile ogni cinque anni sottoporre il paese a continui shock legislativi. Solo i partiti estremisti (quelli che non faranno parte del futuro partito democratico proprio perché si ispirano al comunismo e quindi non alla democrazia) avevano una volontà abrogatrice assoluta; personalmente, ricordo bene alcuni manifesti di propaganda del Pdci in questo senso.
Dopo cinque mesi di legislatura, e tre mesi abbondanti di governo, abbiamo un quadro ben diverso da quello delineato dai riformisti del centrosinistra.
La riforma Castelli
introduce – o sarebbe meglio dire, introduceva – la separazione delle funzione come in tutti i grandi paesi democratici del mondo (Francia esclusa); l’introduzione di criteri per avanzamento accelerato di carriera in base al merito; la nascita della Scuola Superiore della Magistratura al fine di offrire un profilo formativo più solido per chi si dovrà occupare di un quadro legislativo sempre più complesso, col moltiplicarsi delle fonti; il rafforzamento del ruolo e delle responsabilità del procuratore capo. Sono tutte disposizioni che non sono affatto vendicative nei confronti della magistratura, a meno che essa non si rinchuida in una difesa di interessi corporativi, e come attacco alla magistratura si intenda proprio quello sferrato a tali interessi minoritari e di parte – come se in realtà la prerogativa legislativa non sia del parlamento, e se le continue richieste, pressioni e scioperi da parte di uno degli ordini che esercitano il potere giudiziario non costituiscano una violazione della separazione dei poteri dello Stato.
Uno dei primi atti del governo Prodi è stato il differimento dell’attuazione di questa legge al marzo 2007, e la proposta di dialogo ai magistrati. Il ddl del differimento non è però stato approvato dal parlamento, quindi le modifiche ulteriori già annunciate dal ministro della Giustizia Clemente Mastella saranno – a detta dello stesso leader dell’Udeur – da concordare con i magistrati. L’Anm però ha già fatto
sapere che ad essere cambiati dovranno essere «nodi cruciali» della riforma. Come dire: sostanzialmente, cancelliamola.
La riforma Moratti della scuola, che la Commissione Ue guidata da Prodi aveva letteralmente giudicato ottima, sta subendo uno smantellamento assai più celere. Già rinviati di due anni dall’attuale sindaco di Milano la riforma del secondo ciclo, il nuovo ministro Fioroni ha immediatamente fermato un’eventuale sua futura applicazione, e proceduto alla
cancellazione dei punti principali della riforma del primo ciclo: abolito il diritto-dovere all’istruzione a 18 anni, e ripristinato l’obbligo a 16 (ponendoci di nuovo indietro rispetto ai paesi più avanzati); abolita la figura del tutor e ripristino totale del team di insegnamento e valutazione (come volevano i sindacati, non pensando al rapporto con le famiglie ma riflettendo nell’ambito di una logica egualitarista volta al privilegio di chi fornisce il servizio e non di chi ne usufruisce); abolito il portfolio delle competenze, e quindi la possibilità di avere un quadro completo della formazione dello studente sin da bambino fino alla maggiore età (per carità, una volta col pezzo di carta in mano, tutti sono uguali); abolito gli ingressi anticipati alla scuola, che avevano riscosso successo presso le famiglie nei precedenti due anni scolastici. In altri termini, contenti i sindacati della scuola, notoriamente tra i più duri e conservatori, e l’ala estremista della maggioranza. Riforma della scuola: cancellata.
Anche sulla politica estera, il vanto è quello di un capovolgimento della politica estera di Berlusconi, Frattini e Fini. Ammesso e non concesso che sia così (sui segni di continuità col precedente governo, sul fatto che in Parlamento le decisioni siano state prese in accordo tra Unione e Casa delle Libertà, ci sarebbe da fare un discorso lungo che qui e ora trascuro), i trionfalismi di Prodi, la solita spocchia dalemiana, il provincialismo dell’Unità che
pende dalle labbra di quello che una volta era (e non lo è più) il quotidiano più autorevole del mondo, il New York Times, sono il sintomo di una volontà di cancellare il passato degli ultimi cinque anni. L’approvazione entusiasta della politica estera di Prodi da parte di Diliberto, noto elogiatore della linea andreottiana, sono un sintomo rivelatore di tutto ciò.
Nelle mirino dei cancellatori dell’Unione ci sono anche la legge Frattini sul conflitto di interessi (che, come il
modello legislativo americano tanto amato dal nostro governo, privilegia controlli ex post e sanzioni di carattere economico e non politico), il secondo modulo della riforma fiscale (salvo continuare a leccarsi le dita di fronte al boom di entrate relative agli ultimi anni del governo Berlusconi, e a quella finanziaria di Tremonti giudicata di carattere elettorale), la riforma delle pensioni (in una
nota del ministero del Lavoro ci è stato fatto sapere che si intende ritornare alla riforma Dini del 1995) e i meccanismi inseriti nella famigerata legge-obiettivo, volti a favorire la velocità della messa in atto delle opere pubbliche.
Il riformismo “autonomo” – chiamiamolo così – dell’Unione, si è finora rivelato solo nelle velleità liberalizzatrici dei Bersani (moneta di scambio per altri tipi di placet governativi nel caso delle banche, inutili e inconsistenti nel caso dei taxi, ed efficaci solo in pochi, altri e limitati ambiti – con particolare premura di non toccare gli amici, o supposti tali) e nell’aggressività tributaria di Visco (con relativo pasticcio nel settore immobiliare, tre miliardi di euro bruciati sul mercato). Per il resto nulla.
A dimostrazione che aveva ragione la Casa delle Libertà, in campagna elettorale, a lanciare l’allarme conservatore ed antiriformatore, e sbagliava chi non ci credeva, elettori compresi.
Questi sanno governare solo con tasse e sbianchetto nel nome dell’avversità personale e pregiudiziale contro un singolo individuo, altro che cambiare il paese, la serietà al governo e far ripartire l’Italia.
scritto da Corrado